mercoledì 28 gennaio 2009

Il bluff Obama

Mercoledì 21 Gennaio 2009 – 14:12 – Paolo Emiliani

Tanto rumore per nulla. Questa potrebbe essere l’estrema sintesi dell’insediamento del nuovo presidente Usa, Barack Obama.
Una manifestazione imponente, circa due milioni di persone, ha accompagnato l’uomo più potente del pianeta, almeno formalmente, verso la Casa Bianca, mentre qualche miliardo ha seguito la cerimonia trasmessa in mondovisione.
Molti, in buona fede, credono che veramente con Obama si possa aprire una nuova era fatta di pace, collaborazione tra i popoli ed uguaglianza sociale, ma è solamente un colossale bluff. I media hanno costruito l’immagine dell’uomo della provvidenza e qualcuno ha amplificato questo messaggio per propri interessi di bottega. Pensiamo, per esempio, al nostrano Veltroni che ha cercato di scimmiottare gli spot elettorali dell’americano, ma con evidenti diversi risultati.
Ma perché Obama dovrebbe cambiare lo stato delle cose? Secondo i suoi sostenitori perché è afroamericano, perché è progressista sul piano sociale e perché meno coinvolto con le lobbies finanziarie dei suoi predecessori. Sarebbero questi gli atout di Obama: tutti fasulli.
Intanto Obama non è afroamericano, nel senso che non è discendente degli schiavi portati nelle Americhe dall’Africa, non ha mai abitato in un ghetto nero Usa, non ha mai frequentato una scuola dei bassifondi. Obama è solo figlio di una donna dell’alta borghesia bianca Usa e di un negro kenyota, ma è cresciuto nella bambagia offertagli dai nonni materni, ha studiato nelle scuole dell’elite americana e forse i ghetti neri li ha visti solo durante i suoi tour elettorali.
Obama nella vita ha sempre e solo fatto il politico, salendo tutti i gradini classici della carriera di un presidente Usa. Anche se la sua campagna presidenziale è stata caratterizzata da un diffuso finanziamento “popolare” questo non esclude i suoi profondi legami con le lobbies finanziarie e la composizione del suo governo lo testimonia. Obama è solo una sfaccettatura diversa, e più spendibile di questi tempi, del turbocapitalismo yankee: un sistema economico che si fonda sulla predazione delle risorse altrui, sullo sfruttamento e sul dominio militare.
Per rinforzare la sua immagine positiva, Obama ha passato la vigilia del suo insediamento dipingendo una casa-famiglia di un’associazione umanitaria e sua moglie confezionando pacchi per i militari Usa impegnati nelle missioni, anche queste “umanitarie”, in giro per il mondo. Però Obama non ha fatto alcuna promessa seria circa un incremento dello stato sociale negli Usa, assolutamente carente, e tanto meno ha annunciato piani di ritiro delle forze di invasione americane.
Obama è solo più presentabile (e ci vuole poco) di Bush, ma non è poi così differente da lui.
Inizialmente però potrà esserci un effetto benefico dall’elezione di Obama: l’illusione dei diseredati di sentirsi finalmente rappresentati. Quando però capiranno di essere stati turlupinati questa illusione potrebbe trasformarsi in rabbia, forse in rabbia violenta ed incontrollabile. E questo forse è l’unico vero effetto benefico che possiamo attenderci da Barack Obama alla Casa Bianca.
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