giovedì 29 dicembre 2011

Decrescita, occupazione e green economy


"La sensazione generale è quella per cui o si fa il mestiere per il quale si è studiato oppure si accetta di lavorare in un call center o simili lamentandosi puntualmente con il governo, la sfortuna, gli astri e altro a scelta. Ma provare altre strade? Andare magari all'estero un paio di anni e fare esperienza? Fare lavori manuali fa tanto male, è così disonorevole? Fare il falegname, il carpentiere, l'idraulico è così orribile? Con quello che si guadagna tra l'altro. Imparare un mestiere è così indesiderabile e anacronistico?".

di Paolo Ermani -

http://www.ilcambiamento.it

green economy
"La vera economy deve essere quella che punta alla riduzione massima degli sprechi, alla ricerca e applicazione delle tecnologie migliori in ogni settore che ci facciano consumare il meno possibile materiali ed energia"
Per parlare di temi legati alla decrescita, occupazione e green economy, ritengo necessario riportare alcuni dati significativi.
In Italia il 60% del patrimonio edilizio è stato costruito prima del 1970 e secondo il rapporto 2010 Saie Energia – Cresme al 2008 c'erano 137 milioni di finestre esistenti e il numero di infissi sostituibili è di 23 milioni. 3 miliardi di metri quadrati è la superficie complessiva di pareti esterne degli edifici e 140 milioni di metri quadrati potrebbero avere interventi di riqualificazione energetica attraverso l'isolamento termico. 831 milioni di metri quadrati erano le coperture a falda con interventi possibili per 300 milioni di metri quadrati. 2,7 miliardi di metri quadrati erano le coperture piane sottotetti e solai, con interventi possibili in 424 milioni di metri quadrati.
Tutti gli interventi in oggetto sono da considerarsi effettuabili in un arco di tempo che va dai 5 ai 10 anni.
Questi dati evidenziano vari aspetti. Innazitutto che le possibilità di intervento nel settore del contenimento energetico nell'edilizia sono vastissime e darebbero lavoro a migliaia di persone. Fra i tanti vantaggi di una azione del genere si avrebbe una riduzione drastica dell'importazione di combustibili fossili per il riscaldamento in un'ottica di decrescita dei consumi energetici. Si avrebbe poi un aumento di occupazione qualificata e un aumento del benessere degli abitanti delle case oggetto di interventi oltre che un minore costo delle bollette per gli utenti stessi.
Inoltre l'edilizia si potrebbe rilanciare smettendo di devastare il territorio con la selvaggia cementificazione, che sottrae terreno fertile e aumenta i consumi energetici. Il tutto per realizzare capannoni, abitazioni e simili che nella maggior parte dei casi resteranno vuoti. Ma poi costruire fino a dove, fino a cosa ? Fino a quando sarà cementificato tutto? E poi cosa facciamo, cementifichiamo il mare, gli oceani? E poi la Luna, Marte, Venere?
Niente di tutto ciò, la soluzione è intervenire sull'esistente che per le condizioni pessime in cui versa, darà da lavorare per i prossimi millenni.
Per gli aspetti occupazionali il Rapporto Confartigianato del 2010 su base dati ministero del Lavoro e Unioncamere ci informava che sono andate inevase l'83,3% delle domande per installatori di infissi e serramenti su 1.500 richieste, settore che ha molto a che fare con il risparmio energetico.
Il rapporto inoltre ci indica che sono circa una settantina i mestieri dove conta la manualità e che non trovano persone: falegnami, sarti, marmisti, tessitori, cuochi, panettieri, pastai, pasticceri, gelatai, etc... Allo stesso tempo 2 giovani su 3, circa 9 milioni di persone, non hanno rapporto con il mondo del lavoro durante il periodo degli studi.
Da questi altri dati emerge che il lavoro ci sarebbe ma non ci sono le persone che vogliono intraprendere questi tipi di lavori. Poi però ci si lamenta con i cosiddetti extracomunitari che ci tolgono il lavoro. Ce lo toglierebbero se lo si volesse fare, ma pare che non ci sia tutta questa voglia di lavorare laddove ce ne sarebbe possibilità.
Questa situazione trova riscontro anche nei rapporti quotidiani: una nostra amica che deve realizzare un progetto di cohousing in bioedilizia alle porte di Milano, parlando con le ditte costruttrici ha avuto conferma delle difficoltà di trovare persone in grado di posare i materiali in bioedilizia nella maniera corretta. Sostanzialmente la domanda c'è ma mancano le maestranze qualificate, così allora lei in accordo con le ditte stesse, in concomitanza con la costruzione delle abitazioni, ha deciso di fare dei corsi di formazione per lavorare su materiali e tecniche bioedili.
Per fare un altro esempio e riportare la mia esperienza diretta, posso dire che lavorare nei cantieri in bioedilizia è assai interessante e consiglierei almeno un anno di lavoro in cantiere per architetti, ingegneri e geometri prima di esercitare la professione. Una cosa infatti è studiare solo sui libri, una cosa è fare pratica. Perchè lavorare nei cantieri, anche in biodilizia, piace così poco? Per forza un architetto deve fare l'architetto dietro ad un computer o può anche sporcarsi le mani, imparando molto di più, tra l'altro?
La sensazione generale è quella per cui o si fa il mestiere per il quale si è studiato oppure si accetta di lavorare in un call center o simili lamentandosi puntualmente con il governo, la sfortuna, gli astri e altro a scelta. Ma provare altre strade? Andare magari all'estero un paio di anni e fare esperienza? Fare lavori manuali fa tanto male, è così disonorevole? Fare il falegname, il carpentiere, l'idraulico è così orribile? Con quello che si guadagna tra l'altro. Imparare un mestiere è così indesiderabile e anacronistico? Ci si illude davvero che in un mondo sempre più in deficit di risorse, essere un digitatore di tastiere di computer e telefonini sia l'unico 'mestiere' possibile e auspicabile?
In questo quadro bisogna chiedersi in merito alla green ecomomy quale ne sia il reale significato. Come può essere green una economy che necessita comunque di uno sfruttamento infinito delle risorse in un mondo finito e non mette in discussione i sacri dogmi della crescita?
La vera economy deve essere quella che punta alla riduzione massima degli sprechi, alla ricerca e applicazione delle tecnologie migliori in ogni settore che ci facciano consumare il meno possibile materiali ed energia. E il vero green è quello che innesca circoli virtuosi dall'inizio alla fine dei cicli produttivi e di vendita e non una Mercedes pubblicizzata come macchina amica dell'ambiente perchè produce qualche grammo in meno di CO2 rispetto alla versione precedente o un SUV che la pubblicità descrive come ecologico.
Chi costruisce vetture per esempio deve iniziare a minimizzare i consumi energetici dei suoi stabilimenti, poi puntare sul trasporto collettivo e sui mezzi pubblici, sulla riduzione drastica dei consumi dei veicoli, su materiali completamente e facilmente riciclabili. Lo stesso discorso si può fare per vari altri settori, come il settore agricolo/alimentare dove puntare sul locale, il biologico, lo stagionale con sempre a monte la riduzione drastica di consumi, imballaggi e ottimizzazione dei trasporti.
Il settore cosiddetto green ha quindi davvero grandissime potenzialità, basti pensare oltre al comparto bioedile di cui sopra, fra i tanti, al settore delle tecnologie per l'efficienza energetica o a quello crescente delle attrezzature per la coltivazione di piccoli appezzamenti di terreno. Sempre più persone ormai coltivano anche solo sul balcone di casa.
I media non ne parlano granchè ma le persone iniziano ad avere una consapevolezza che i nostri politici e pseudo decisori del nulla, se la sognano.
Con l'aumento dei costi delle materie prime, con l'esaurimento del petrolio, è inevitabile un graduale ritorno alla coltivazione per autoproduzione e per questo settore servono utensili, macchinari, strumentazioni per la trasformazione e conservazione dei cibi di cui ci sarà sempre più bisogno e richiesta. L'ultima fiera di Vita in Campagna è stata presa d'assalto e altre fiere del genere si moltiplicano. Invece di puntare a settori di dubbia utilità e ormai saturi, si deve puntare a settori come questo dell'autoproduzione dove c'è ampio margine di intervento e se crescono questi settori di riflesso decresce il PIL perchè più si autoproduce, più si risparmia e si riducono i costi complessivi, l'inquinamento, l'uso di concimi chimici, il trasporto e l'imballaggio di prodotti che magari arrivano da migliaia di chilometri.
E perchè infine non mettersi assieme ad altri e fondare una associazione, una cooperativa, una piccola/media impresa per lavorare in questi settori invece di aspettare la legge ad hoc, il finanziamento, la raccomandazione, la provvidenza ? Se io avessi aspettato le leggi, la raccomandazione, i finanziamenti, la provvidenza, oggi sarei ancora a casa dei miei genitori a maledire il governo e il mondo cattivo.

venerdì 23 dicembre 2011

Diario economico-politico: il vuoto di sovranità in Europa

di CHRISTIAN MARAZZI

uninomade.org

 

Le reazioni e i commenti al vertice di Bruxelles sono stati tutti prevalentemente negativi. “A disastrous failure at the summit”, ha scritto Martin Wolf sul Financial Times (14 dicembre). Allo stesso modo hanno commentato  The Economist, Bloomberg BusinessWeek, e tutti i maggiori quotidiani finanziari. Di fatto, il vertice europeo non ha preso alcuna decisione che possa salvare il Sistema monetario europeo, il patto fiscale (fiscal compact) imposto dalla Germania e accettato dagli altri leader europei, ad eccezione di David Cameron, prefigura quelle che dovrebbero essere le regole di Eurolandia, ma ha scarse possibilità di essere ratificato dai Parlamenti nazionali, perché riduce drasticamente la sovranità nazionale di ogni Paese.

“Le vere misure di emergenza sono state demandate alla Banca centrale europea. Quest’ultima alla vigilia del vertice ha deciso di abbassare i tassi europei all’1% e soprattutto ha deciso di concedere alle banche prestiti illimitati della durata di tre anni, accettando in pegno (come collaterale) anche titoli di scarsa qualità. In questo modo l’Europa spera di invogliare le banche con la prospettiva di consistenti guadagni ad indebitarsi all’1% presso gli sportelli di Francoforte e di usare questi capitali per acquistare titoli statali, che come quelli italiani offrono rendimenti che si aggirano attorno al 6%” (Alfondo Tuor, Ticinonews, 14, 12).

Le cose, però, non sono così semplici. “Nel corso del 2009, quando la Bce iniziò a offrire liquidità su un orizzonte di 12 mesi, molte banche effettivamente ne approfittarono per riempire i bilanci di titoli di Stato.  Ma allora il debito pubblico di quasi tutti i Paesi dell’euro sembrava ancora privo di rischi. Oggi non è più così, e le banche sicuramente rimpiangono amaramente quelle decisioni. Le banche del Nord Europa, pur essendo piene di liquidità, stanno cercando di sbarazzarsi del debito dei Paesi periferici dell’euro, e si guarderanno bene dal ricomprarlo. Perché mai le banche del Sud dovrebbero scegliere spontaneamente di comportarsi diversamente? Tra sei mesi l’Autorità bancaria europea condurrà un altro stress test sui bilanci delle banche, e come già successo, il debito pubblico sarà valutato a prezzi di mercato. A quel punto, se la crisi non sarà rientrata, le banche che hanno acquistato debito a rischio potrebbero doversi ricapitalizzare di nuovo. Chi mai vorrà esporsi a questa incognita se non vi è costretto” (Guido Tabellini, “Le banche salva-debito? Un grave errore”, Il Sole 24 Ore, 18 dicembre).

Indurre le banche italiane, ad esempio, a comportarsi in modo “patriottico”, cioè ad acquistare titoli delo Stato italiano in assenza di acquirenti esterni, è un’assurdità, specie se le banche sono già chiamate a finanziare l’economia privata. “Tanto per cominciare, le dimensioni del debito in scadenza sono troppo grandi: solo nel 2012 le Stato italiano dovrà collocare oltre 400 miliardi di debito, circa il 50% in più di tutto il debito già detenuto  dalle banche italiane. Ma soprattutto, spingere le banche italiane a comportarsi da acquirente di ultima istanza, al posto di una banca centrale che abdica a questo ruolo, rischia di essere controproducente. Oggi circa il 40% del debito pubblico italiano è detenuto all’estero, in prevalenza dalle banche tedesche e francesi. E’ bene che resti così, perché questa ‘spada di Damocle’ che pende su Germania e Francia è l’unica nostra arma contrattuale” (G. Tabellini, cit.). In altre parole, per tenere assieme Eurolandia bisogna giocare un paese contro l’altro. Non male come prospettiva!
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Mario Draghi ha comunque lasciato chiaramente intendere che la Bce potrebbe mettersi a stampare grandi quantità di euro per poi riacquistare titoli statali , se le linee di credito concesse alle banche non si rivelassero sufficienti. Il Quantitative Easing  europeo sarebbe giustificato dall’obiettivo della Bce di mantenere la stabilità dei prezzi: “L’obiettivo della stabilità dei prezzi deve essere inteso nelle due direzioni”, Draghi dixit, il che vuol dire che la Bce è chiamata a combattere l’inflazione, ma anche la deflazione, ossia il calo dei prezzi. Dato che siamo già entrati in recessione, la Bce dovrebbe essere disposta a monetizzare il debito stampando grandi quantità di euro.

Questa strategia, simile a quanto sta facendo la Gran Bretagna (austerità da una parte, quantitative easing dall’altra) deve però fare i conti con l’opposizione tedesca. Angela Merkel ha imposto agli altri leader europei di sottoscrivere un Patto fiscale, facendo chiaramente intendere che altrimenti la Germania sarebbe uscita dall’euro. Il che comporta una sostanziale riduzione della sovranità nazionale di ogni Paese membro. E questo non lo vuole nessuno, nemmeno l’Olanda, la Danimarco o la Svezia.

“Il governo tedesco è perfettamente consapevole che il processo di ratifica di questo accordo è estremamente difficile. Sa anche che molti Paesi non riuscirebbero mai a rispettarlo. Basti pensare che l’obiettivo di ridurre ogni anno di un ventesimo il debito pubblico italiano che eccede il 60% del PIL vorrebbe dire che l’Italia, ad esempio, dovrebbe ogni anno attuare manovre di risparmio di ben 45 miliardi di euro. Insomma, queste misure di austerità non sono sostenibili  dai Paesi deboli dell’Europa, che già non riescono a centrare gli obiettivi di risanamento dei loro conti pubblici” (A. Tuor, cit.).

“The parallels to the Great Depression are obvuious: the euro acts as a modern day gold standard; fiscal policies are procyclical; adjustment is delayed through an Irving Fisher-style debt deflation dynamics. Will the euro survive a depression? This hard to say. If it does, under unchanged policies, we will be meauring the costs of adjustment not in euros but through a death toll” (Wolfang Münchau, “The British will fare better in this Anglo-French spat”, Financial Times, 19 dicembre).
Ma allora, cosa vuole Berlino? Sembrerebbe che il Governo tedesco voglia la spaccatura della zona euro, senza però assumersene la responsabilità. Per questo continua ad alzare l’asticella delle condizioni che gli altri paesi dovrebbero rispettare per giungere al punto di essere invitata ad uscire dall’euro.

Comunque, non è facile capire cosa e come pensi Angela Merkel. “What is she thinking?” si chiede Peter Coy in un articolo apparso su Bloomberg BusinessWeek (5-11 dicembre). E la risposta è la seguente: il Governo tedesco e Angela Merkel sono degli ordoliberali: “Modern German politics continues to be lnfluenced by a philosophy that originated at the university of Freiburg in the 1930s: ordoliberalism, a conceptual blend of free markets and strong government. It says rigourous regulation is necessary, but only to help the free market achieve its full potential”.

Sull’ordoliberalismo Michel Foucault ha scritto pagine importantissime nel suo La nascita della biopolitica (Feltrinelli, Milano, 2005). Secondo Eucken, il caposcuola dell’ordoliberalismo, “Lo stato è responsabile del risultato dell’attività economica”, ossia lo stato deve dominare il divenire economico. Diversamente dalle politiche liberali keynesiane, il problema dell’ordoliberalismo “è di sapere in che modo sia possibile regolare l’esercizio globale del potere politico in base al principio di un’economia di mercato” (cit. p. 115). Si deve, insomma, governare per il mercato, piuttosto che governare a causa del mercato. “Il problema è sapere come intervenire. Si tratta del problema della maniera di fare, o, se volete, dello stile di governo” (cit., p. 117). Insomma, è il problema della governamentalità e della governance che ha caratterizzato il capitalismo finanziario degli ultimi trent’anni. Per una ricostruzione articolata, critica e molto utile delle contraddizioni che hanno il divenire della contraddizione tra finanziarizzazione e governance, si veda il bel libro di Marco Bertorello e Danilo Corradi, Capitalismo tossico. Crisi della compoetizione e modelli alternativi (Alegre, Roma, 2011).

Non credo che l’esito di questa fase storica sia una sorta di “Deutschemark nationalism”, credo piuttosto che qui, sul piano europeo, ci sia un vuoto di sovranità che impedisca all’ordoliberalismo di funzionare secondo i suoi principi costitutivi. Per ritornare all’articolo di Peter Coy: “The paradox at the heart of the crisis in Europe is that Merkel’s fetish for stability has become deeply destabilizing”. Nel discorso di Angela Merkel, tenuto in febbraio a Freiburg alla conferenza della “Stiftung Ordungspolitik”, l’organizzazione dell’ordoliberalismo tedesco, alla domanda: quanto può adattarsi la Germania alle politiche degli altri paesi, e quanto invece deve attenersi al suo credo ordoliberale, la sua risposta è stata: “That’s an eternal question that plagues me when I wake up in the morning and when I go to bed at night”.

mercoledì 21 dicembre 2011

Il panico finanziario si diffonde in Europa…



…mentre il capo del Fondo Monetario Internazionale mette in guardia su una "depressione come quella degli anni '30"


Siamo sull'orlo di un'altra Grande Depressione? Christian Lagarde, il capo del FMI, ha detto questa settimana che se non viene intrapresa subito un'azione drammatica potremmo davvero assistere a situazioni che "ricordano la depressione degli anni '30" e che nessun paese al mondo "sarà immune dalla crisi". In questo momento, il panico finanziario si sta diffondendo in tutta Europa, ma la maggior parte degli americani non sono troppo preoccupati semplicemente perché non capiscono quanto sia importante l'UE. La verità è che l'UE ha una popolazione molto più grande degli Stati Uniti. L'UE ha un'economia che è grande quasi quanto le economie degli Stati Uniti e Cina messe insieme. L'UE ha più aziende Fortune 500che gli Stati Uniti, e il sistema bancario d'Europa è sostanzialmente più grande del sistema bancario degli Stati Uniti. Chiunque creda che un  imponente crollo finanziario in Europa non influenzerà notevolmente il resto del globo sta delirando. La crisi del debito europeo è una delle più grandi storie mai viste in un lungo, lungo tempo e il conseguente tracollo finanziario sta per cambiare definitivamente l'economia globale.
Finora, i politici in Europa hanno tenuto 19 incontri ad alto livello di emergenza, nel tentativo di risolvere questa crisi.
Tutti i loro sforzi sono falliti.
In questo momento, questa è la situazione in Europa ....

- La maggior parte dei governi dell'UE sta annegando in livelli tossici di debito
- I rendimenti dei Bond sono aumentati drammaticamente quest'anno e questo ha causato crescenti oneri finanziari per la maggior parte dei membri dell'Unione europea
- Nel tentativo di mantenere il debito sotto controllo, i governi di tutta Europa stanno attuando misure di austerità brutale e questo sta causando alle economie europee un notevole rallentamento
- A questto punto, c'è una tremenda mancanza di fiducia nel sistema finanziario europeo, e questo sta causando una massiccia stretta creditizia
- La crisi del credito sta provocando la sensibile diminuzione dell'offerta di moneta in quasi tutte le nazioni dell'UE
- Le principali banche di tutta Europa stanno massicciamente operando con leva e sono sul punto di fallire
Tutto questo è così simile a quello che abbiamo già visto  durante gli anni ‘30.
In realtà, le cose vanno così male che i leader mondiali di primo piano stanno adoperando un linguaggio apocalittico per descrivere la situazione in Europa.
Basta controllare che cosa ha detto recentemente sull'Europa il capo del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde. Parlando ad una conferenza del Dipartimento di Stato a Washington questa settimana, Lagarde ha rilasciato le seguenti dichiarazioni molto scioccanti....
* "Le prospettive sull'economia mondiale in questo momento non sono particolarmente rosee. Sono abbastanza fosche"
* "Non c'è economia del mondo, siano essi paesi a basso reddito, mercati emergenti, paesi a reddito medio o economie super-avanzate, che resteranno immuni dalla crisi che vediamo non solo dispiegarsi, ma in escalation"
* "Non è una crisi che sarà risolta dall'azione di un gruppo di paesi. Sarà auspicabilmente risolta se tutti i paesi, tutte le regioni, tutte le categorie di paesi agiranno efficacemente."
* "Nessun paese o regione è immune. Tutti devono agire per rilanciare la crescita. Il lavoro deve iniziare nei paesi della zona euro e deve continuare senza sosta. I rischi dell'inazione sono protezionismo, isolamento e altri elementi che ricordano la depressione degli anni '30".
* "Questa è l'esatta descrizione di ciò che è accaduto negli anni '30, e quello che seguì non è qualcosa che aspettiamo con impazienza".
Ma i politici europei recentemente non hanno raggiunto un accordo che avrebbe dovuto risolvere tutto questo?
Beh, purtroppo l'accordo praticamente non ha fatto nulla per risolvere i problemi finanziari di fondo che l'Europa sta affrontando.
In realtà, i mercati finanziari globali sembrano del tutto indifferenti a questo recente accordo. Un recente articolo del professor Peter Moriciha spiegato nei dettagli alcuni dei problemi dell'accordo ....
Gli investitori stanno rifiutando l'accordo sull'euro, perché l'accordo non risponde efficacemente alle esigenze di finanziamento dell'Italia e di altri governi del Mediterraneo, non corregge i bilanci deboli delle banche commerciali europee, nè corregge i difetti strutturali di fondo nell'architettura dell'euro.
Il Fondo europeo di stabilità finanziaria di 440 miliardi di Euro sta fornendo un finanziamento a breve termine - garantito da 17 Stati membri della zona euro nel suo complesso - per aiutare a tirare avanti i governi più travagliati.
Tuttavia, questi salvataggi impongono drastici tagli alla spesa e aumenti delle tasse. Insieme ai piani di austerità adottati anche dalla Francia e altri Stati europei più sani, questi pacchetti stanno spingendo l'Europa in una recessione che potrebbe durare diversi anni.
Ciò che è peggio è che ci sono segnali che questo accordo recente sta già rivelando. Alcune nazioni UE hanno deciso che non sono sicure di voler andare avanti con il programma.
Da un recente articolo del Telegraph ....
Nel bel mezzo dei recenti avvertimenti che l'Europa sta provocando una depressione globale stile anni trenta, il Cancelliere tedesco ha affrontato l'aperta ribellione contro l'asse portante del suo accordo di Bruxelles. I leader dell'Ungheria e della Repubblica Ceca hanno detto in una conferenza congiunta a Budapest che erano pronti a respingere le modifiche del trattato pianificato e gli impliciti progressi verso un sistema fiscale centralizzato. Il primo ministro ceco Petr Necas ha detto di essere 'convinto che l'armonizzazione fiscale non significherebbe nulla di buono per noi'.
In Polonia, in realtà si vedono persone che marciano nelle strade per protestare contro questo nuovo accordo ....
I polacchi hanno sfilato esibendo striscioni con la scritta: ". Vogliamo la sovranità, non l'euro" Protestavano contro l'accordo di Bruxelles che potrebbe vedere i paesi dell'UE, compresi quelli fuori dalla zona euro, affrontare sanzioni per aver infranto le dure leggi della spesa centralizzata.
Quindi non solo questo nuovo accordo non affronta i problemi fondamentali che l'Europa sta affrontando, ma c'è anche un'enorme quantità di dubbi sul fatto che alla fine sarà approvato o meno.
Nel frattempo, le misure di austerità brutale che sono in corso di attuazione in tutta Europa stanno spingendo molte nazioni UE in recessione.
L'Unione europea (guidata da Germania e Francia) e il FMI hanno spinto le nazioni in difficoltà finanziaria di tutta Europa a fare tagli di bilancio incredibilmente estesi. Ma questi tagli di bilancio molto estesi hanno avuto un impatto economico devastante.
In un recente articolo, ho parlato di come le brutali misure di austerità hanno già spinto l'economia della Grecia in una vera e propria depressione ....
Basta guardare a quello che è successo in Grecia. La Grecia è stata costretta ad aumentare le tasse e a mettere in atto misure di austerità brutale. Che hanno causato il rallentamento dell'economia e la diminuzione delle entrate fiscali  e così i dati del debito pubblico non sono migliorati tanto quanto previsto. Così la Grecia è stata costretta ad attuare misure di austerità ancora più brutali. Bene, queste hanno causato un rallentamento ancora più grande dell'economia e le entrate fiscali sono ancora diminuite. In Grecia questo ciclo è stato ripetuto più volte e ora la Grecia sta vivendo una vera e propria depressione economica. 100.000 aziende hanno chiuso e un terzo della popolazione vive in povertà. Ma ora la Germania e la Francia intendono imporre la "soluzione greca" al resto d'Europa.
In questo momento, il flusso di soldi del governo si sta prosciugando in tutta Europa e così il flusso di denaro dalle banche. Le banche europee stanno riducendo i loro bilanci e hanno drasticamente tagliato i finanziamenti al fine di soddisfare nuovi requisiti patrimoniali che vengono loro imposti.
Tutto questo ha creato un ambiente in cui non c'è molto credito che scorre in Europa. Quando c'è una crisi del credito di questa portata, l'offerta di moneta inizia a ridursi. Ciò sta già avvenendo in tutta Europa come ha detto un recente articolo del Telegraph  ....
Tutte le quantità importanti della massa monetaria nella zona euro si sono contratte nel mese di ottobre con drastiche ricadute in parti dell'Europa meridionale, aumentando il rischio di grave recessione nei prossimi mesi.
In questo momento, stiamo vedendo l'offerta di moneta in ciascuna delle nazioni "PIIGS" cadere a un ritmo impressionante. Dallo stesso articolo del Telegraph citato sopra ....
Simon Ward di Henderson Global Investors ha dichiarato: la moneta "stretta" M1 - che comprende contanti e depositi a vista, e segnala piani di spesa a breve termine - mostra una frattura preoccupante tra il Nord e il Sud del mondo.
Mentre i veri depositi M1 sono ancora in mano al blocco tedesco, il tasso di caduta negli ultimi sei mesi (annualizzata) è stata di 20.7pc in Grecia, 16.3pc in Portogallo, 11.8pc in Irlanda, e 8.1pc in Spagna, e 6,7 pc in Italia. Il ritmo del declino in Italia ha accelerato, anche grazie alla fuga di capitali. "Questo tasso di contrazione è maggiore che nei primi mesi del 2008 e implica una recessione ancora più profonda, sia per l'Italia che per l'intera periferia", ha detto Ward.
Questi numeri urlano "Recessione, Recessione, Recessione".
Ci può essere uno spiraglio di speranza all'orizzonte. La Federal Reserve ha prestato enormi quantità di denaro alla Banca Centrale Europea e la Banca centrale europea ha dato il denaro in prestito alle banche europee. A loro volta, le banche europee hanno usato molto di quel denaro per comprare titoli di stato europei. Si tratta di un massiccio schema Ponzi, ma ha stabilizzato i rendimenti dei titoli in Europa, per ora. Questo schema è stato descritto in un recente articolo di Simone Foxman ....
Questo perché la Banca centrale europea potrebbe aver già introdotto misure tortuose che risolveranno alcuni dei grandi problemi dell'Europa - sta rendendo l'investimento in debito sovrano periferico una grande opportunità di profitto per le banche.
Teoricamente, le istituzioni finanziarie saranno in grado di battere moneta chiedendo  prestiti ultra-economici alla BCE e acquistando debito sovrano a rendimento più elevato.
In sostanza, sembra che la BCE potrebbe consentire alle banche europee di impegnare qualunque cosa, in cambio di fondi. In primo luogo, la nuova politica europea consente alle banche di detenere molti meno beni come garanzia in cambio di finanziamenti da parte della BCE, liberando liquidità per la somma di € 103.000.000.000 (134 miliardi di dollari). Ancora più importante, l'attenuzione delle restrizioni di garanzia potrebbe anche consentire alle banche europee di utilizzare beni sovrani anche un po' rischiosi come garanzia per acquistare obbligazioni.
Ma questo schema Ponzi non può andare avanti all'infinito. Molte banche europee stanno già cominciando ad essere a corto di garanzia per questi prestiti come ha recentemente spiegato una fonte di notizie australiana ....
"Se qualcuno pensa che le cose stanno migliorando, semplicemente non capisce quanto sono gravi i problemi ", ha detto un dirigente esecutivo di Londra di una banca mondiale. "Una grande banca può fallire in poche settimane."
Altri dicevano che molte banche continentali, tra cui istituti di credito francesi, italiani e spagnoli, erano vicine all'esaurimento di forme accettabili di garanzia, come i bond del Tesoro degli Stati Uniti, che potrebbero essere utilizzati per finanziare prestiti a breve termine.
Alcuni sono stati costretti a prestare le loro riserve d'oro per mantenere l'accesso ai finanziamenti in dollari USA.
Sarà la Banca centrale europea a prestare loro soldi una volta che saranno a corto di garanzie?
Se lo faranno, la stessa BCE potrebbe essere in grande pericolo.
La verità è che la BCE sta già giocando con il fuoco. Finora, la Banca centrale europea ha speso oltre 274 miliardi di dollari per comprare titoli di stato europei, nel tentativo di mantenere bassi i rendimenti dei titoli.
Quanti titoli tossici può comprare la BCE, prima di mettersi veramente nei guai?
Questa è una domanda molto interessante.
Nel frattempo, il resto del mondo sta diventando sempre più preoccupato per il panico finanziario che attraversa l'Europa.
Per esempio, alle banche australiane è stata data una sola  settimana per eseguire un test di stress che valuti la loro capacità di sopravvivere in caso di un collasso finanziario europeo.
Perché tutta questa urgenza?
Sanno qualcosa che noi non sappiamo?
Proprio come nel 2008, stiamo assistendo a problemi enormi in alcune delle più grandi banche del mondo.
Giovedi', Fitch Ratings ha declassato un intero gruppo delle banche più importanti al mondo ....
Le banche includono Bank of America, Morgan Stanley e Goldman Sachs, così come in Europa Barclays, Société Générale e BNP Paribas.
Anche la tedesca Deutsche Bank e la svizzera Credit Suisse sono state declassate.
Il sistema bancario globale è un castello di carte gigante. C'è semplicemente troppo debito, troppa leva  e troppi rischi.
In media, le principali banche di tutta Europa operano con leva ad una media di 26-1.
Se il valore dei beni detenuti da tali banche diminuisce di appena il 4 per cento, saranno spazzate via.
Sì, le cose sono così gravi.
E già stiamo iniziando a veder fallire le maggiori banche in Europa.
Questa settimana è stato rivelato che la seconda banca più grande della Germania avrà bisogno di un salvataggio. Da un rapporto di Sky News ....
La seconda più grande banca tedesca, Commerzbank, fa riferimento nelle discussioni con il governo tedesco, ad un piano di un salvataggio dopo che i governanti hanno manifestato la necessità di raccogliere più soldi per far fronte ad un potenziale inadempimento sui prestiti ai governi.
"Colloqui intensi" sono in corso da diversi giorni, secondo fonti che hanno parlato con l'agenzia di stampa Reuters.
Quindi, se la seconda banca tedesca sta fallendo, le banche in Europa sono al sicuro?
Proprio come abbiamo già visto nel corso degli anni '30, stiamo iniziando a vedere una corsa alle banche in tutta Europa.
Infatti, secondo un recente articolo di Der Spiegel, una corsa alle banche greche è in corso da qualche tempo e sta rapidamente accelerando ....
Vuol dire che il deflusso di fondi dai conti bancari greci ha accelerato rapidamente. All'inizio del 2010, i risparmi e depositi detenuti dalle famiglie private in Grecia ammontavano a 237.700.000.000 di Euro - alla fine del 2011, sono calati a 49.000.000.000 di Euro. Da allora il declino ha acquistato slancio. Il risparmio è sceso di ulteriori 5,4 miliardi di Euro a settembre e di circa 8,5 miliardi di Euro ad nel ottobre - il più grande deflusso mensile di fondi dall'inizio della crisi del debito fino alla fine del 2009.
Se riuscite a crederci, circa il 20 per cento di tutti i depositi bancari in Grecia sono stati ritirati a partire dall'inizio del 2011.
L'Europa è in una massiccia quantità di guai. L'euro sta crollando come una roccia e il sistema finanziario europeo è paralizzato dal panico e dalla paura.
Ci vorrebbe un miracolo per evitare che un massiccio collasso finanziario si verifichi in Europa nel 2012.
Purtroppo, sembra che all'orizzonte non ci sia alcun miracolo per l'Europa.
Fonte: The American Dream 16 Dicembre 2011
Traduzione: Anna Moffa per
ilupidieinstein.blogspot.com

martedì 22 novembre 2011

Scenario di un default italiano


Edward Harrison

Tradotto da Curzio Bettio

La discussione più importante della nostra vita è ora in corso. Per molti, la risposta sarà esistenziale. Subito, la domanda: “Deve la Banca Centrale Europea (BCE) “staccare un assegno” per i governi nazionali dell’Eurozona?” Nel pensare la risposta a questa domanda fondamentale, preferisco spostare l’attenzione cambiando il verbo “deve” con “vuole”.

Rispondere a questa domanda un po’ diversamente impostata, per voi investitori, uomini d’affari e lavoratori, è molto più importante che rispondere alla domanda nella sua prima formulazione.
Se la BCE decide di staccare l’assegno, i risultati economici e di mercato saranno molto diversi se non lo “dovesse” fare.
La vostra prospettiva personale in qualità di investitore, uomo d’affari o lavoratore cambierà drasticamente nei prossimi decenni sulla base di questa unica scelta politica e sulla vostra buona preparazione a riguardo.
Allora, la domanda giusta da porsi è: “La BCE vuole “staccare l’assegno” per i governi nazionali dell’Eurozona?
Fino ad oggi, la mia risposta a questa domanda è stata “sì”.
Si vedano, ad esempio, le mie considerazioni sul
[ why questioning Italy’s solvency leads inevitably to monetisation ] perché il porre in discussione la solvibilità dell’Italia conduce inevitabilmente alla monetizzazione (finanziamento monetario del debito da parte della BCE) e [ why Investors will buy Italian bonds after ECB monetisation. ] perché gli investitori acquisteranno titoli italiani dopo la monetizzazione della BCE.
Ma cosa succederebbe se la BCE non staccasse l’assegno? Ancora, cosa succederebbe se la BCE permettesse il default dell’Italia?
Ecco il mio pensiero su questo punto.

L’Italia in una stretta mortale

Mi sia concesso partire da quello che ho scritto in precedenza in due articoli messi in diffusione dal 7 novembre.
La periferia dell’Eurozona è divenuta un’attrazione. La faccenda con l’Italia è la vera questione. Con rendimenti al 6,7%, e in aumento, i giochi sono finiti per l’Eurozona.
E se voi siete un investitore, questo è il momento della verità. Ogni cosa - ogni categoria attiva - dipende da come l’Eurozona si comporta nella “faccenda italiana”.
A questo punto, ci sono solo due esiti.
Se salta l’Italia la depressione è alle porte, le banche sarebbero insolventi, i “cds” come fattori scatenanti farebbero implodere il sistema, avrebbero inizio le corse agli sportelli, i mercati azionari potrebbero schiantarsi, e si vedrebbero i rendimenti del debito sovrano crollare a valori incredibilmente bassi per nazioni soggiacenti a condizioni da usura.
Se l’Italia sopravvive, ci si dovrebbe aspettare un recupero colossale del debito periferico, dei mercati azionari e dei titoli bancari e una messa in liquidazione al minimo dei “cds”. Tuttavia, l’Eurozona è già in recessione, e questo recupero non sarà sostenuto.
Dimenticatevi di Berlusconi e dell’austerità in Italia. Si tratta di un baraccone da circo eccessivo. L’austerità non riuscirà a riportare i rendimenti italiani ai valori precedenti. Gente, sono finiti quei giorni!
Ecco il vero problema: l’Italia ha bisogno di un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento costante a rendimenti attuali. Questo non è possibile che succeda. Allora, o i rendimenti dei titoli italiani devono scendere, o l’Italia diventa insolvente.
Più di questo, un’Italia sottoposta a pressione significa un’Eurozona sottoposta a pressione, e una recessione sempre più profonda con tutti i guai che si possono aspettare significa questo: l’Irlanda comincerebbe improvvisamente a non raggiungere i suoi obiettivi di disavanzo, per esempio. I titoli azionari bancari andrebbero sotto stress, scatenando situazioni peggiori di quella bancaria di Dexia.
Quindi, se l’Italia procedesse in sofferenza lungo sentieri di resa del 7 per cento, assisteremo ad una sgradevole recessione in doppia picchiata e a fallimenti bancari. E sappiamo che i rendimenti saliranno!
Lo scorso novembre, stavamo discutendo sull’Irlanda che si trovava nelle stesse condizioni con i suoi rendimenti a questi livelli. Tosto, i rendimenti balzavano al 9% e l’Irlanda veniva costretta ad un piano di salvataggio finanziario – un piano che per l’Italia sarebbe decisamente notevole.
Quindi siamo sicuramente di fronte ad un vero e proprio scenario da Armageddon (Apocalisse) finanziario.
Ecco quello che voglio ribadire. L’Italia ha bisogno di esercitare un avanzo primario di bilancio (al netto degli interessi) di circa il 5 per cento del PIL, solo per mantenere il suo indice di indebitamento costante a rendimenti attuali. Non sarà mai in grado di farlo!
Pertanto, i rendimenti per i titoli di Stato italiani devono scendere, o l’Italia risulterà insolvente quando dovrà onorare oltre 300 miliardi di euro di debito, solo nel prossimo anno.
L’austerità non tende a riportare i rendimenti italiani ai valori precedenti. In primo luogo, ora è in questione la solvibilità dell’Italia e gli scoraggiati venderanno.
Inoltre, gli investitori nei debiti sovrani ora temono di essere [ unhedged due to the Greek non-default plan ], senza copertura a causa del piano di non-default per la Grecia elaborato a Bruxelles il mese scorso.
Come mi ha dichiarato Marshall Auerback, dopo questo piano qualsiasi gestore di denaro con responsabilità fiduciaria non può comprare debito italiano o un qualsiasi debito sovrano di un membro dell’Eurozona.
Conclusione: senza l’intervento della banca centrale, l’Italia dovrà affrontare una insolvenza per crisi di liquidità. Gli investitori venderanno i titoli di Stato italiani e i rendimenti saliranno quando la crisi di liquidità diventerà parte di una spirale che tende ad auto-riprodursi: rendimenti più elevati generano un peggioramento dei fondamentali macro, che provoca un rischio di insolvenza più elevato, e quindi rendimenti ancora più elevati.

Depressione “morbida”

Credo che l’economia globale sia in una fase di ripresa ciclica all’interno di una depressione di più larga scala. Due anni fa, ho scritto:
“... tutti i paesi che mettono in circolazione la maggior parte del debito nella propria valuta (Stati Uniti, Eurozona, Gran Bretagna, Svizzera, Giappone) inflazioneranno. Essi stamperanno più soldi possibili in ragione di farla franca. Mentre l’economia vive una ripresa, questo creerà un falso boom, basato sugli aumenti dei prezzi delle risorse e delle materie prime. Si produrranno enormi dividendi per materie prime come l’oro, platino o argento. Tuttavia, quando il puntello della spesa pubblica sarà sottratto, l’economia globale ricadrà nella recessione.” -Credit Writedowns, ottobre 2009
La settimana scorsa ho scritto che l’attuale è “uno scenario di depressione morbida, in cui i paesi con un vero finanziatore di ultima istanza possono godere di misure di sostegno senza problemi.”
Il problema, tuttavia, è che la BCE non è un vero prestatore di ultima istanza, come andremo ora ad analizzare. La BCE dovrebbe puntare tutto, o no? Non ci sono molte opzioni.
Nessuno sta andando a comprare obbligazioni italiane ad una bassa resa senza contropartita, a prescindere dalla austerità, ora che il genio dell’insolvenza è uscito dalla bottiglia. Con misure di sostegno, alcune persone lo potrebbero fare.
Un default italiano equivale all’insolvenza del sistema bancario italiano. Un default italiano significa perdite massicce per le banche tedesche e olandesi ed altre. Qualsiasi scenario che presenta un default italiano provoca una Depressione, con la “D” maiuscola! La questione è solo politica e, quindi, imprevedibile.
I Tedeschi (e gli Olandesi), o consentono misure di sostegno, o devono affrontare la Depressione. La questione è del tutto semplice.
-Italy’s debt woes and Germany’s intransigence lead to Depression (La calamità del debito dell’Italia e l’intransigenza della Germania causano la Depressione).

Si delinea uno scenario apocalittico

Questo è il punto centrale per comprendere come proteggersi nel caso in cui la BCE decida di non comportarsi da prestatore di ultima istanza in favore dei governi nazionali dell’Eurozona. Si tratterebbe di un vero Armageddon, di un’autentica Apocalisse e lo scenario sarebbe la Grande Depressione.
La ragione per cui nessuna reale alternativa all’azione della BCE come prestatore di ultima istanza è offerta da parte della classe dei falchi è perché la sola alternativa è il collasso economico - e il riconoscere questo non è politicamente gradevole.
Sappiamo che l’Italia dichiarerà bancarotta senza il sostegno della banca centrale, sulla base dell’analisi di cui sopra. Il default in Italia scatenerebbe una cascata di fallimenti di banche tutte interconnesse, come è successo a causa della [ the insolvency of Creditanstalt in 1931 ] insolvenza del Creditanstalt (Istituto di Credito) nel 1931.
L’Italia potrebbe uscire unilateralmente dall’Eurozona e ridefinire i suoi debiti, ora quantificati in euro, nominalmente in una nuova valuta, la Lira, per prevenire il default? Forse.
Questo è un fatto da considerare in un secondo momento. Per ora, ecco cosa accadrà in caso di insolvenza dell’Italia.
  1. Evento di credito (credit event, quando l’emittente del titolo assicurato si rivela impossibilitato a rimborsare il capitale, N.d.T): Un default italiano comporterebbe un evento di credito, il che significa che il default non potrebbe verificarsi secondo un concordato volontario, che l’Unione Europea sta cercando di strappare nel caso della Grecia, perché l’Italia è semplicemente troppo grande perché le banche possano assumersi spontaneamente il carico degli ammortamenti necessari a far fronte alla sua insolvenza. In questo modo si renderebbero insolventi molte istituzioni finanziarie. Anche nel caso greco, dubito che riceveranno la partecipazione da parte del settore privato sufficiente per ridurre significativamente il carico del debito sovrano greco. Così, un default italiano sarebbe incontrollato, e subito cristallizzerebbe le perdite che dovranno essere iscritte nei bilanci di esercizio di coloro che detengono le obbligazioni italiane.
  2. Assalto agli sportelli bancari: Una volta si verificasse il default in Italia, le banche italiane sarebbero insolventi come risultato di queste perdite, poiché sono le più grandi detentrici del debito sovrano italiano. Dati i [10 billion euro writedown at Unicredit ] dieci miliardi di euro persi proprio ieri dal deprezzamento delle azioni di Unicredit, possiamo già constatare la debolezza di queste banche. Pertanto, dovremmo prevedere in Italia corse agli sportelli bancari in generale, e non solo a quelli delle banche più deboli.
  3. Insolvenza della Spagna e della Slovenia: Altri creditori sovrani più deboli all’interno dell’Eurozona, in assenza di stanziamenti da parte del Fondo Monetario Internazionale, si troverebbero sotto pressione di vendite pesanti. Questi paesi includono primariamente la Spagna e la Slovenia, ma sarebbero coinvolti anche il Belgio e poi forse l’Austria a causa della sua esposizione bancaria verso l’Europa orientale. I rendimenti della Spagna hanno già oltrepassato il 6% e quelli della Slovenia hanno superato già il 7%. Questi governi andrebbero in default, e poi le perdite si riverseranno a cascata sui loro sistemi bancari. I fallimenti porterebbero all’insolvenza delle banche nazionali e alla corsa agli sportelli bancari come in Italia. Paesi come Irlanda, Portogallo e Grecia potrebbero predefinire il default (default controllato) per sfuggire alle restrizioni soffocanti di austerità, dato che il percorso di solvibilità ora insostenibile potrebbe causare una profonda depressione. Verosimilmente, anche questi paesi andrebbero in default. Gli analisti come Sean Egan stimano eventuali perdite in Grecia attorno al 90% [ eventual losses in Greece will be 90%.] Nello scenario di default italiano, queste perdite andranno a cristallizzarsi da un giorno all’altro.
  4. Contagio verso l’Europa dell’Est: Le perdite dell’Unicredit hanno incluso deprezzamenti significativi in Europa orientale e nell’Asia centrale (Kazakistan e Ucraina). Un’area di contagio potrebbe coinvolgere altre banche altrove con l’esposizione di economie deboli in Europa orientale, come l’Ungheria e la Slovenia. Banche greche, tedesche e austriache sarebbero più vulnerabili a causa della loro esposizione verso l’Europa centrale e i Balcani. L’Ungheria, già sotto la minaccia di un declassamento del debito sovrano ad alto rischio, nel mezzo di una diminuzione record del tasso di cambio fiorino/euro, soffrirebbe del contagio: la sua moneta sarebbe sottoposta a pressioni di vendite pesanti. Altri debitori sovrani più deboli ne sarebbero influenzati.
  5. Euro insolvenza delle banche: Altri debitori con una significativa esposizione verso l’Italia soffrirebbero di svalutazioni enormi. L’esposizione della banca centrale verso il debito italiano è di un ordine di grandezza più grande di quella periferica nel suo insieme. Comunque, gli istituti finanziari esposti potrebbero essere ricapitalizzati dallo Stato. Le domande che si pongono per paesi del calibro di Germania, Francia e Paesi Bassi sono a) come esplicitare una contropartita da ottenersi da queste banche? gli obbligazionisti avrebbero delle perdite; b) come questo andrebbe a influenzare il livello del debito sovrano e la valutazione del credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale incidere sulla disponibilità del credito e sulla crescita economica?
  6. Credit default swaps: Visto che il default italiano sarebbe un evento di credito, si innescherebbe l’azione dei credit default swap, molti dei quali sono stati venduti da istituti finanziari statunitensi. Sarebbero queste istituzioni a pagare? Potrebbero farlo? Quanto le perdite italiane incideranno sul loro capitale di base? Le stesse domande per i paesi dell’euro diventano applicabili anche per le banche statunitensi, che potrebbero anch’esse essere ricapitalizzate dallo Stato. (Gli Statunitensi permetterebbero un altro piano di salvataggio?): A) come esplicitare una contropartita da ottenersi da queste banche? gli obbligazionisti avrebbero delle perdite; b) come questo andrebbe a influenzare il livello del debito sovrano degli Stati Uniti e la valutazione del credito? c) come potrebbe questa mancanza di capitale incidere sulla disponibilità del credito e sulla crescita economica negli Stati Uniti?
Esistono un buon numero di altri potenziali eventi per cui potrebbero avvenire controlli sui capitali, disordini civili, disgregazione dell’Eurozona, colpi di stato di governi, ecc., ecc. Tutto questo è speculazione.
Ma soprattutto sono sei gli eventi che prevedo come una cosa certa: evento di credito, corsa agli sportelli bancari italiani, la Spagna e la Slovenia insolventi, contagio in Europa orientale, euro insolvenza bancaria, e innesco dei credit default swap. Chiaramente, ciò significherebbe una recessione economica di almeno pari grandezza della Grande Depressione.
Ho anche la tendenza a pensare che il contagio si diffonderà per tutta l’Eurozona, fino a quando questa non andrà in frantumi - e prendiamo in considerazione proprio gli attuali rendimenti in aumento in tutta la zona euro, oggi in Francia, Austria e anche in Olanda: questa è un’onda di crisi travolgente che attraversa l’Eurozona e che va ad infettare sempre più paesi, vicino, sempre più vicino al nocciolo duro.
Come Marshall ha scritto di recente, questo è un problema strutturale. Tutti i paesi dell’Eurozona devono affrontare vincoli e restrizioni di liquidità [ All of the euro zone countries face liquidity constraints ] e tutti alla fine soccomberanno all’onda travolgente dei picchi di rendimento, uno per uno, fino ad arrivare ad una soluzione sistemica: [ full monetisation and union or break up ], la monetizzazione e l’unione completa, o l’andare in pezzi.
-Felix Zulauf on the inevitability of further crisis in Europe, [Felix Zulauf sulla inevitabilità di una ulteriori crisi in Europa], luglio 2011

Mettete al riparo il vostro patrimonio

Mettersi al riparo contro questo esito significa prepararsi ad uno scenario a tinte fosche per azioni, titoli di Stato, valute, materie prime e metalli preziosi. Questo è un mondo di percorsi politici imprevedibili che certamente scateneranno disordini civili, repressioni governative e nazionalismo economico, ma che potranno comportare anche svalutazioni di monete competitive, controlli valutari, e guerre commerciali.
La mia opinione è che un tale scenario significherà assoluta perdita di peso economico a causa di dinamiche di deflazione del debito. La produzione economica dovrebbe diminuire in modo significativo, quanto i valori dei titoli e del debito ad alto rendimento. Anche i prezzi delle materie prime potrebbero abbattersi. Ma dipendendo dalla risposta politica dei governi, le obbligazioni e i metalli preziosi hanno andamenti di quotazioni dal carattere imprevedibile.
I governi come la Norvegia sono protetti a causa di un debito basso, e perché sono ricchi di risorse naturali. D’altra parte, i governi come l’Australia e il Canada sono esposti a causa del significativo indebitamento del settore delle famiglie e dall’alta valutazione dei beni immobili.
In buona sostanza, non esiste un posto dove trovare riparo nella zona dei titoli sovrani di Stato.
Se un investitore straniero in titoli di Stato vuole sapere dove stanno andando le valute e i tassi di interesse, non è nemmeno prevedibile in questo corso di eventi.
Se i governi cercano di inflazionare per cercare una via d’uscita, i metalli preziosi potrebbero essere un buon rifugio sicuro, anche se l’oro finanziario o cartaceo presenta un problema di affidabilità e l’oro fisico è soggetto a confisca.
Sul fronte dei terreni agricoli, come testimonia Jim Grant, i rendimenti sono già molto bassi, quindi bisogna chiedersi quanto di utile ci si possa ricavare da questo commercio. Ovviamente, in un mondo di repressione finanziaria e di deprezzamento delle valute competitive, tali investimenti non necessariamente perdono di valore. Obbligazioni societarie ad alta quotazione e titoli di alta qualità che pagano dividendi possono attualmente costituire il rifugio migliore.
Queste sono le mie considerazioni su ciò che un default italiano potrebbe significare. Gli argomenti nel complesso portano a concludere che un default sarebbe economicamente catastrofico e metterebbe in campo una serie di scenari insostenibili. Il potenziale di perdite di grandi dimensioni sarebbe significativo, e, quindi vale la pena di pensare come mettere al riparo i risparmi in un ambiente del genere, dato che i responsabili politici seri credono che abbandonare l’Italia al default possa essere una scelta politica giustificabile.
P.S. – dopo aver scritto questo articolo, ho notato un documento di David McWilliams, un noto economista irlandese, che prende in considerazione uno scenario di uscita dall’euro dell’Irlanda, come quello che ho ipotizzato per l’Italia qui sopra. Vedi il mio articolo highlighting McWilliams main points here.





Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://www.creditwritedowns.com/2011/11/running-through-italian-default-scenarios.html
Data dell'articolo originale: 15/11/2011
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=6262

domenica 6 novembre 2011

Le marce di Mosca


  • La Marcia dei Russi, organizzata oggi nel quartiere di Lyublino dai gruppi dell'estrema destra nazionalista

    La Festa dell’Unità Nazionale Russa del 4 novembre, inventata dal Cremlino anni fa per sostituire la tradizionale ricorrenza dell’anniversario della Rivoluzione bolscevica (che cade il 7 novembre), ha visto quest’anno una serie di cortei in diversi luoghi della capitale russa. Tre le manifestazioni all’insegna del nazionalismo, una sul versante opposto. Partiamo da quest’ultima, un breve corteo che ha visto circa 500 giovani antifascisti sfilare sul lungofiume nei pressi dell’hotel Ukraina con slogan contro la destra e contro il governo; parecchia polizia ma, almeno fino a quando scriviamo questo post, nessun incidente. Più rilevanti numericamente ma anche più statiche e poco interessanti la manifestazioni indette dal partito di governo Russia Unita – 10.000 persone riunite ai margini della città, nel parco-memoriale di Poklonnaya Gora dedicato ai caduti della guerra ’41-’45 – e dal movimento giovanile filogovernativo Nashi (“i nostri”), che ha tenuto un raduno con circa 15.000 persone dentro l’enorme recinto dell’ex Fiera delle realizzazioni del socialismo (VDNKh), ormai trasformata in una normale fiera commerciale.

    Il corteo più atteso e temuto era però quello dei nazionalisti e razzisti dell’estrema destra, la “Marcia dei Russi”, che si è svolto senza incidenti nel quartiere operaio periferico di Lyublino e alla cui organizzazione hanno partecipato un po’ tutti i numerosi partitini e movimenti della galassia ultranazionalista moscovita, sotto lo slogan “La Russia ai russi, l’Europa ai bianchi”. Molto scalpore aveva fatto, nelle scorse settimane, l’annuncio dell’adesione alla marcia da parte di vari personaggi “sciolti” della cultura e dello spettacolo, nonché il sostegno dato all’iniziativa dal più noto blogger del Paese, Aleksej Navalny, conosciuto soprattutto per l’impegno nella lotta alla corruzione dei funzionari pubblici e degli amministratori dei grandi gruppi privati. La Marcia dei Russi secondo gli organizzatori avrebbe dovuto coinvolgere almeno 25.000 persone: secondo la polizia (che ha dato anche le altre cifre che compaiono in questo post) i partecipanti reali non sono stati più di 7.000 – che non sono comunque pochi, dato il carattere abbastanza estremista e “cattivo” della manifestazione, in relazione alla quale si temevano gravi incidenti come quelli avvenuti in più occasioni nei mesi scorsi.

    La festa del 4 novembre dovrebbe celebrare l’unità nazionale del paese prendendo a spunto il supposto anniversario della liberazione di Mosca dal dominio polacco nel 1612. Quasi nessuno tra i cittadini, sostengono i sondaggi d’opinione, sa però collegare la nuova festa a quel remoto evento (pur celebrato anche da un famoso monumento sulla Piazza Rossa, dedicato appunto a Pozharskij e Minin, i due leggendari capi della rivolta che cacciò i polacchi). Per non creare troppi malumori, comunque, il governo ha aggiunto alla festa un giorno in più di vacanza dal lavoro, che va a “compensare” la perdita della festività tradizionale sovietica del 7 novembre. E dato che tradizionalmente il 7 novembre si teneva una grande sfilata di popolo dopo quella militare, nel giorno della nuova festa è stata concessa una sorta di “via libera” a cortei politici d’ogni tipo.

di a. d.
pubblicato il 4 novembre 2011