sabato 25 gennaio 2014

LE FAMIGLIE IN GRECIA STANNO SEMPRE PEGGIO: CIBO, VESTIARIO, CASA ANNIENTATI DALLA TROIKA.

LE FAMIGLIE IN GRECIA STANNO SEMPRE PEGGIO: CIBO, VESTIARIO, CASA ANNIENTATI DALLA TROIKA.


ATENE - La situazione economica delle famiglie greche continua a peggiorare a vista d'occhio secondo una ricerca condotta dall'Istituto per le Piccole Imprese della Confederazione Generale Professionisti, Commercianti e Artigiani ellenici (Ime-Gsevee). Si tratta della ricerca annuale della centrale sindacale su un campione di 1.207 nuclei familiari rappresentativi a livello nazionale condotta in collaborazione con la societa' Marc lo scorso dicembre allo scopo di registrare le ripercussioni della crisi economica sulle famiglie greche.

Dalla ricerca e' emerso che una famiglia su tre teme di perdere la propria casa a causa dei debiti accumulati, mentre gran parte della popolazione dichiara di non essere in grado di soddisfare i propri impegni finanziari. Nello stesso tempo, 1,4 milioni di famiglie hanno almeno un disoccupato in casa e di loro solo un 9,8% riceve il sussidio di disoccupazione, mentre oltre un milione di greci non hanno alcuna garanzia per il loro lavoro.

Il 44,3% dei nuclei familiari risulta indebitato con le banche mentre un greco su 10 si e' visto sinora costretto a vendere parte della sua proprieta' per riuscire a sopravvivere alla crisi. Inoltre si teme che le recenti misure di austerita' che riguardano, tra l'altro, la tassa sugli immobili e il sequestro dei depositi bancari in caso di mancato pagamento delle tasse, creeranno ulteriori difficolta' per le famiglie greche.

Il 94,6% delle famiglie, secondo la ricerca, ha subito una riduzione media del 39,47% del proprio reddito dal 2010 sino ad oggi, con la Regione dell'Attica in prima posizione, mentre il principale reddito di gran parte delle famiglie (48,6%) proviene dalle pensioni.

La situazione si presenta ancora piu' drammatica per quanto riguarda il settore dei beni di consumo. Il 63,7% delle famiglie dichiara di aver ridotto le spese per l'alimentazione, il 90,3% ha tagliato le spese per il vestiario e il 90% ha limitato quelle per i ristoranti, i locali ed il cinema. Il 75% delle famiglie ha ridotto anche le spese per il riscaldamento e il 36,5% ammette che ormai acquista solo prodotti di qualita' inferiore. 
Fonte notizia: Ansa.

lunedì 13 gennaio 2014

Altro di cui preoccuparsi in Europa: La disastrosa conseguenza della moria di api per l’Europa

Altro di cui preoccuparsi in Europa: La disastrosa conseguenza della moria di api per l’Europa



Quartz

Todd Woody

Si è parlato a lungo della grande moria di apiche ha colpito  Stati Uniti ed Europa, una carenza che si temeva potesse minacciare varie colture che dipendono da loro come impollinatori. Ora, alcune ricerche hanno messo in numeri quanto dannoso sia il deficit di questi insetti per il territorio europeo. E i risultati sono allarmanti, a dir poco.



Nello studio su 41 Paesi, i ricercatori hanno scoperto che tra il 2005 e il 2010  la domanda per i cosiddetti “servizi impollinatori” è cresciuta quasi cinque volte più velocemente rispetto alla concreta fornitura consentita attualmente dalle api. Nel Regno Unito i ricercatori stimano che ora ci siano sufficienti alveari solo per soddisfare un quarto della domanda. In generale, in Europa, possono soddisfare solo il 25% al 50%. Nel complesso, quasi la metà dei Paesi studiati accusano un deficit di api.


Secondo il ricercatore Simon Potts dell’Università di Reading nel Regno Unito, “siamo di fronte ad una catastrofe che ci attende nei prossimi anni se non agiamo ora” (The Guardian).

Una catastrofe per ora evitata grazie all’attività degli “impollinatori selvatici” – bombi, sirfidi ed altre specie. Questa è la buona notizia. La cattiva notizia è che gli scienziati hanno pochi dati concreti sul numero di api selvatiche e suòle loro abitudini di impollinatori. Peggio ancora, le api selvatiche potrebbero essere altrettanto a rischio.

Secondo i ricercatori, “recenti studi hanno dimostrato cali diffusi nella diversità degli impollinatori selvatici in gran parte dell’Europa a causa dell’intensificazione dell’agricoltura, il degrado degli habitat, la diffusione di malattie e parassiti ed il cambiamento climatico”.

Anche se gli scienziati ritengono che il collasso globale delle popolazioni di api negli ultimi 7 anni sia dovuto ad esposizione ai pesticidi e malattie varie, questa non è l’unica causa. Anche se le api stanno scomparendo, la quantità di terra convertite ad uso agricolo è aumentato vertiginosamente. Nel complesso, la quantità di terreni agricoli dedicati alle colture che dipendono da api è aumentato del 300% dal 1961. Questo è in parte il risultato del boom dell’utilizzo di biocarburanti a partire dal passato decennio.

Gli agricoltori hanno utilizzato la pianta di mais, la colza ed altre colture che fungono da base per l’etanolo ed il biodiesel per sostituire i combustibili fossili. Ma visto che gli agricoltori ripuliscono la terra per coltivare queste colture, così facendo eliminano molti dei fiori selvatici ed altre piante il cui polline serve alle api per alimentare gli alveari. Gli studi hanno dimostrato che indeboliti dalla mancanza di cibo, le api diventano maggiormente sensibili a malattie ed all’avvelenamento da pesticida. Il che contribuisce al problema noto come Colony Collapse Disorder, dove interi alveari improvvisamente deperiscono.

Secondo i ricercatori il futuro delle api e della loro impollinazione dipende direttamente dalle colture alimentari e, in parte, da quanta terra continuerà ad essere riservata per la produzione di biocarburanti.