Nanoparticelle dell'acciaio isolate nei tessuti umani, provano l'inquinamento ambientale.
Marina Perotta
Nanoparticelle di acciaio sono state isolate nei tessuti di due donne di cui una è deceduta, da Antonietta Gatti e Stefano Montanari
A effettuare le analisi di biobalistica a Modena sono Antonietta Gatti e Stefano Montanari che hanno rinvenuto nanoparticelle di acciaio, come spiega la professoressa Gatti a Stefania Divertito per Metro: La presenza nel reperto biologico soprattutto delle particelle di acciaio anche in forma sferica, tipica della formazione ad alta temperatura, testimoniano l’esposizione che il paziente ha subito a un inquinamento ambientale causato da lavorazioni dell’acciaio ad alta temperatura.
Partendo dal tessuto malato, riusciamo a individuare da dove provengono le nanoparticelle di metalli pesanti e altre sostante che hanno causato la malattia.
Due parole le spendo per spiegare cosa sia la biobalistica, ossia la ricerca delle tracce delle nanoparticelle e della loro identità al fine di attestare la loro provenienza.
Proprio come accade con le analisi dei proiettili che possono essere sparati solo da un unica pistola.
In pratica i due scienziati grazie a uno strumento molto sofisticato ossia il microscopio elettronico a scansione ambientale sono riusciti a trovare le tracce delle emissioni dell’acciaieria nei tessuti umani.
Tracce talmente infinitesimali che sono definite appunto nanoparticelle.
Queste analisi saranno l’impianto per una denuncia penale che sarà presentata nei confronti dell’acciaieria, ma questa è un altra storia.
Si dice convinta la Gatti che la causa della malattia delle due donne è da ricercare nell’inquinamento ambientale e le tracce degli inquinanti, ossia quelle nanosfere, sono un po’ come la firma dell’acciaieria.
La Gatti ha proposto perciò all’ospedale pediatrico di Taranto di effettuare a titolo gratuito due analisi ma per ora non ha ricevuto alcuna risposta.
ECCO COME L'ACCIAIO
PUÒ UCCIDERE
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Trento: per la prima volta isolate nano particelle del metallo nel tessuto umano
Trento. Quando Sara ha letto nero su bianco che il suo linfoma è stato causato da polveri d’acciaio respirate ogni giorno mentre si trovava al lavoro, a Borgo Valsugana, ha deciso di intraprendere una battaglia giudiziaria che si preannuncia lunga e difficile. Sara, sopravvissuta al linfoma, è nel direttivo del “Comitato 26 gennaio” che da anni cerca di dimostrare che l’acciaieria di Trento è causa di malattie. E adesso potrebbe aver ottenuto la prova regina.
«Abbiamo fatto esaminare due tessuti bioptici - racconta l’avvocato Mario Giuliano - di due donne, di cui una deceduta. L’esame è stato realizzato dal laboratorio Nanodiagnostics di Stefano Montanari e Antonietta Gatti che con l’ausilio di uno speciale microscopio elettronico a scansione ambientale hanno trovato il link tra i fumi dell’acciaieria e le malattie». Nei tessuti delle due donne sono state trovate nanoparticelle di acciaio. «La presenza nel reperto biologico soprattutto delle particelle di acciaio anche in forma sferica, tipica della formazione ad alta temperatura, testimoniano l’esposizione che il paziente ha subito a un inquinamento ambientale causato da lavorazioni dell’acciaio ad alta temperatura», c’è scritto nelle conclusioni della relazione. «Adesso procederemo con una denuncia penale», aggiunge Giuliano.
Questo impianto è stato già al centro di due indagini della magistratura incentrate sulle emissioni oltre i limiti di legge (in parte registrate anche successivamente alla riqualificazione del 2009), che si sono concluse con un'oblazione. Un recente studio dell’Università di Trento, su incarico dell’Appa, avrebbe poi stabilito una limitata incidenza dell'attività dello stabilimento sull’ambiente e la sua “compatibilità con l’uso del territorio”. La Provincia ha promesso i dati dello studio presto in rete.
“La soluzione è la prevenzione“. Antonietta Gatti è uno dei 36 scienziati più importanti al mondo nel campo delle nanotecnologie. È sua la scoperta della biobalistica: «Partendo dal tessuto malato, riusciamo a individuare da dove provengono le nanoparticelle di metalli pesanti e altre sostante che hanno causato la malattia».
Lei può dire che quelle donne esaminate si sono ammalate per l’acciaieria?
Senza dubbio. Nei loro tessuti ci sono sfere di acciaio e altri elementi presenti nei fumi dell’acciaieria.
Quelle donne hanno vissuto a Borgo per anni, vicino allo stabilimento. Il pensiero va a Taranto: la biobalistica potrebbe essere applicata lì?
Senz’altro. Ho proposto al reparto di pediatria dell’ospedale di effettuare gratis due esami, ma non ho ancora avuto risposte.
Se abbiamo la sfortuna di vivere accanto a uno stabilimento inquinante, che fare?
Controllare le emissioni e obbligare le industrie a dotarsi dei filtri. Prevenire. La politica dovrebbe occuparsi della salute di tutti, che è il bene primario della società.
(Stefania Divertito)
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